Il Neolitico riaffiora dall’acqua: le scoperte del lago Pistono
A chi, come me, ama girare nel verde del nostro territorio per conoscere itinerari alternativi ai “soliti” giri – ovviamente Decreti anti-Covid e ordinanze permettenti – consiglio una magnifica passeggiata all’aria aperta che si può fare in qualunque periodo dell’anno, nella zona “dei cinque laghi” vicino a Ivrea.
Ho avuto la fortuna di cooperare per oltre trent’anni con l’Olivetti, visto che avevamo aperto da loro anche un efficiente ufficio viaggi, per cui ho percorso innumerevoli volte le stupende passeggiate che seguono, lungo cinque anelli, gli itinerari dei semi-sconosciuti laghi morenici dell’eporediese ora, per fortuna, attrezzati a livello d’informazione con frecce di diversi colori.
Partiamo quindi dalla collina torinese per raggiungere Ivrea e subito dopo il lago Sirio, il più celebre, con l’autostrada A5 Torino-Aosta in poco meno di un’ora.
Superata la Stazione FS di Ivrea e in prossimità della piazza del mercato, seguite la freccia “via Lago Sirio”.
Quando state per arrivare al lago, svoltate invece a sinistra nella “Strada Vicinale della Turca” e dopo poco girate a destra e raggiungerete la Cappella di San Pietro Martire, dove potrete lasciare l’auto.
Oppure, se volete spingervi un po’ più avanti, per fare un po’ meno di strada a piedi, proseguite lungo la strada asfaltata, seguendo la freccia verde fino al borgo di Prelle, e arriverete all’ingresso dell’ “Anello del Lago Sirio e delle Terre Ballerine” seguendo il cartello “Parcheggio della regione Bacciana”.
Finalmente siete arrivati in uno dei più singolari e incredibili siti della nostro nord-ovest.
State camminando su di un lago scomparso, sui resti del “lago Coniglio”, un enorme specchio d’acqua dell’epoca morenica che si riempì poco per volta di alberi e fango e che a causa della mancanza di ossigeno, si trasformò in millenni, in carbone: la torba, uno dei primi e più antichi combustibili usati dall’uomo preistorico.
Percorrendo il sentiero, poco per volta entrate nel territorio delle “Terre Ballerine”, che potete già intravedere da lontano quando noterete, in mezzo al verde del bosco, delle grandi macchie di terra molto scura affiorante.
Praticamente state procedendo già sulla Torbiera, che a tratti appare evidente e che percepite con i vostri piedi: man mano che vi inoltrate, vi sembrerà di passeggiare sul tartan e poi su dei tappeti elastici simili a quelli dei giochi dei ragazzi: specialmente se cercherete di saltellare, noterete che il vostro ritmo verrà ripreso dal suolo facendovi saltare ancora di più.
Tutto attorno poi, poco per volta, il movimento si metterà in contatto con le piante, gli arbusti e noterete che persino i rami e le foglie degli alberi, entreranno in sintonia con i vostri salti.
Il fenomeno, che piace tanto ai bambini, è piuttosto singolare e attrae chi, in modo paziente, prova a camminare lungo il sentiero delle “terre ballerine” per ritrovare questa oasi nascosta tra i laghi e le piante.
Ovviamente non ci sono spiritelli del bosco, gnomi, puffi, elfi ad animare la scena.. ma più semplicemente questo fenomeno è causato dal fatto che l’antica torbiera appoggia, o meglio, galleggia, ancora sulla vecchia falda acquifera del lago sottostante scomparso e in effetti questa divertente sensazione diventa più percettibile dopo qualche giorno di pioggia, in particolare in autunno, quando la falda è più abbondante.
Purtroppo il lago Coniglio fu prosciugato e sfruttato alla fine del 1800 da Francesco Mongenet per ricavare il carbone di torba da utilizzare nella sua fonderia.
Per una incomprensibile ragione, o forse soltanto perché è il più grande, soltanto il lago Sirio è conosciuto. Quindi, riprendiamo il breve cammino, per raggiungere, dopo “le terre ballerine” il suggestivo lago Pistono, con l’intatto panorama in cui spicca il castello di Montaldo Dora.
Vi sembrerà di trovarvi in Scozia o in Irlanda, tra i bellissimi colori della natura davanti, la grande “serra” dell’anfiteatro morenico alle spalle (la più grande d’Europa) ed ai vostri piedi le acque del tranquillo specchio, anch’esso di origine glaciale e arricchito dalle acque del Rio Montesino e altri fontanili.
Ma il sito è veramente suggestivo soprattutto se pensiamo che proprio qui sono riaffiorate le testimonianze del periodo Neolitico dal fondo dell’acqua di secoli.
Infatti, in seguito a una campagna di scavi promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, gli archeologi sono riusciti a trovare i resti di una comunità del Neolitico che viveva sulle palafitte.
Grazie a questo lavoro nel 2017 è stato inaugurato un importante percorso archeologico che può interessare i vostri figli e nipoti dato che è stato ricostruita su scala reale una parte del villaggio, inserita nel medesimo paesaggio dell’epoca. La costruzione open air rispetta i valori scientifici ma dà un senso alla “storia dell’uomo” facendo vedere il modello fedele di vita di 6500 anni fa.
Vi consiglio di passare al Museo, chiamato “Spazio espositivo per l’Archeologia del Lago Pistono“, e inaugurato nel novembre 2012 all’interno dei locali comunali.
Scoprirete così che dal Neolitico all’età dei Metalli c’era un sacco di vita tra questi laghi infra-morenici!
L’esposizione è veramente interessante e ci fa comprendere come vivevano e come si cibavano i nostri progenitori ed anche i primi scambi con altri abitanti di zone limitrofe, grazie ai reperti della “Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata tipo Isolino“, che caratterizza i siti lacustri della Lombardia occidentale.
Mi auguro che in primavera le scuole possano riprendere la loro attività didattica per far conoscere questi percorsi sull’archeologia, le metodologie di scavo, le antiche tecnologie produttive ed artistiche, ai giovani allievi. È anche questo un “modo attivo” per conoscere le nostre radici…
Nel caso sia aperto, vale la pena visitare il magnifico castello di Montalto Dora, tra l’altro… utilizzato da Dario Argento per alcune importanti scene del film “Dracula 3D”!
È un vero maniero che risale alla metà del XII secolo e che, grazie ai lavori di restauro del 1890 progettati da Alfredo d’Andrade, riuscì a salvarsi dalle incurie del tempo.
Oggi è di proprietà privata. Sorge su un borgo romano e ha pianta quadrata irregolare con una doppia cinta. Un’alta torre domina la parte interna intorno al mastio; l’annessa cappella è assai interessante per le tracce di affreschi del XV secolo, tra cui San Cristoforo e una Madonna che allatta il Bambino. Gli ambienti sono in parte visitabili come anche il camminamento di guardia.
Nell’antichità funzionava da fortezza per controllare la pianura di Ivrea e la strada che conduce ad Aosta. Qui infatti, in epoca romana, passava la via delle Gallie, la strada romana consolare fatta costruire da Augusto per collegare la Pianura Padana con la Gallia.
L’antico castello fu donato nel 1712 da Vittorio Amedeo II al barone Filiberto Antonio di Vallesa come premio per un atto eroico e poi, per via muliebre, passò al barone Severino Casana, che nel 1890 avviò il grande lavoro di restauro per il recupero delle strutture architettoniche.
Nel giro a piedi per Montaldo Dora vale anche la pena ammirare la villa Casana, un tempo del Barone Vallesa che l’aveva ricevuta in dono nel 1589 dal duca Vittorio Amedeo I, generosa ricompensa dei servizi prestati come governatore durante l’assedio di Torino.
L’edificio, probabilmente più austero, fu trasformato, grazie all’intervento dell’architetto Giuseppe Maria Talucchi, in un fascinoso palazzo.
Poco dopo Villa Casana, vi consiglio di fermarvi per ammirare la chiesa di San Rocco.
Sotto l’aspetto ottocentesco di tanti lavori, c’è la chiesa del ‘400 e la dedicazione a San Rocco che potrebbe risalire ai tempi della peste del 1630.
Entrate: vale la pena vedere il ciclo degli affreschi che ricoprono quasi totalmente le pareti.
Dalla Madonna a San Sebastiano, a San Rocco, (i santi invocati appunto contro la peste): è una vera meraviglia, tanto che alcuni esperti d’arte ritengono che sia opera di allievi di Gaudenzio Ferrari, mentre altri studiosi pensano che sia merito di Fermo Stella da Caravaggio che soggiornò nel Canavese a lungo, prima di arrivare nell’alta Lombardia.
Proseguendo il giro dei laghi creati dal ritiro del grande ghiacciaio Balteo, si arriva un po’ più a nord, al Lago Nero. Come sempre, anch’esso prende il nome dal colore scuro delle acque, che gli danno un aspetto di posto isolato e selvaggio.
Al contrario, invece, del Lago di Cascinette o Lago di Campagna, che è proprio vicino a Chiaverano a difesa dal castello di San Giuseppe. La campagna intorno è molto bella ed è ricca di boschi di castagni, mentre i vecchi terrazzamenti, costituiti da muretti a secco, sono ancora coltivati a vite.
Ecco un’altra bella deviazione sia per ammirare il panorama dal castello, da cui si vedono i due laghi, sia per conoscere una fortificazione antichissima, dato che questo saliente era già utilizzato dall’epoca romana, durante la campagna contro i Salassi. Poi divenne un convento, modificato in un palazzo signorile nel XVII secolo e poi rifortificato sotto Napoleone, data l’importanza strategica. Nell’ ‘800 soggiornarono qui scrittori e importanti artisti come Eleonora Duse, Giuseppe Giacosa e Arrigo Boito.
Ma come dicevo, a solo pochi km di distanza c’è da dare uno sguardo anche a Chiaverano, un antichissimo borgo conosciuto per la curiosa coltivazione del rosmarinus officinalisgrazie al suo micro-clima e al terreno ideale, tanto che qui è nata pure l’ “Associazione per il Rosmarino”.
Girando in paese consiglio di acquistare i noti “tomini”, un tipico formaggio prodotto artigianalmente, e poi assaggiare un bicchierino della grappa dell’antica distilleria Revel Chion che è ancora attiva per trasformare le vinacce conferite dai vignaioli locali.
Sul rientro verso casa, ci si può fermare al lago San Michele, che è il più piccolo dei cinque laghi di Ivrea e che non fa parte della zona dei “Siti di importanza comunitaria”.
Era noto qualche anno fa, a causa delle sue acque diventate di colore rosato per un pericoloso processo di eutrofizzazione creato da alghe velenose. Ma per fortuna, dopo un importante intervento, il rischio è rientrato.
A ridosso delle rive si trova il Parco della Polveriera del Comune di Ivrea, oggi Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Qui ha sede il Centro di esperienze didattiche, coordinate dal Dipartimento Scienze della terra dell’Università di Torino, GeoDidaLab e associazioni locali che hanno il compito di rendere fruibile il parco.
Della salita al Monte Stella e ad altre visite di siti sconosciuti della zona ne parleremo la prossima volta perché il sole sta per tramontare e si deve rientrare a casa…
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