Quest’estate abbiamo percorso, in undici puntate, la nostra penisola attraverso paesaggi straordinari e piccoli borghi, lontani dalle città più conosciute.

Ora è il momento di tornare a casa. Per me, in Piemonte, dove le montagne uniscono il Mediterraneo al resto d’Europa e dove la storia d’Italia affiora tra bicchieri di vino e imponenti castelli.

In un itinerario di appena una settimana, cercheremo di catturare l’anima di questa terra, partendo dalle Langhe e sconfinando sino all’antico marchesato di Saluzzo, all’ombra del Monviso che, con i suoi 3841 m, domina tutto il territorio.

Le Langhe sono le “lingue” d’argilla a sud del Tanaro, tra le Alpi e gli Appenini, emerse dal mare 15 milioni di anni fa, famose per i vini rossi. A pochi chilometri di distanza, a nord del Tanaro, si trova il Roero, emerso 8 milioni di anni dopo: dirupi fatti di sabbie e gessi da cui nascono uve profumatissime, ideali per i vini bianchi. E non lontano, tra Asti e Alessandria, c’è il Monferrato, noto per lo Spumante; questo territorio, che non visiteremo in quanto non basterebbero 7 giorni, va comunque menzionato: qui, nel 1895, Federico Martinotti inventò il metodo di rifermentazione in autoclave, più idoneo, rispetto al metodo “classico”, ad esaltare il bouquet dei vitigni più aromatici.

 

Il nostro tour parte da Alba, la “capitale” gastronomica della regione.

D’autunno, il profumo del cioccolato si incontra con quello ancora più intenso del tartufo.

I suoli intorno, infatti, custodiscono il misteriosissimo tartufo bianco o “Tuber Magnatum Pico” che, a dispetto del nome latino, non è un tubero, ma un fungo che cresce sotto terra. Questo simbionte, che non può essere coltivato, nasce vicino alle radici dei pioppi e delle querce cedendo, in cambio dello zucchero, acqua (di cui è composto al 90%!) e sali minerali. Insomma, la “trifola”, che costa più dell’oro, è solamente un profumo…ma un profumo così unico che già gli Antichi lo reputavano dono degli dei.

A proposito di cioccolato, invece, proprio in questa cittadina, nel 1942, di necessità si fece virtù e in un piccolo laboratorio di pasticceria si mescolò la nocciola “tonda, gentile, trilobata”, insieme al surrogato di cacao, ben più costoso e difficile da reperire durante la guerra; ed ecco che nacque la “pasta Gianduja”, antenata di quella crema spalmabile, famosa ed imitata ancora oggi in tutto il mondo!

Non pensate, comunque, che ad Alba si venga solo per mangiare: la città racchiude tante sorprese e basta una passeggiata per percepire la “doppia anima” del territorio: qui, nelle antiche terre dei Celto-Liguri, nacque persino un imperatore romano, Pertinace. Questo mondo ambivalente, classico e nordeuropeo, fu ben presente anche nei secoli successivi e basta ammirare “La Madonna in adorazione del bambino”, presso la chiesa di San Giovanni Battista, per rendersene conto; in questa tavola, realizzata nel 1508 da Macrino d’Alba, i personaggi sono resi con tutta la precisione fiamminga, mentre lo sfondo, fatto di colonne sbrecciate e templi antichi, ci riporta a Roma.

Il secondo giorno, in macchina, attraverseremo il Tanaro per visitare, ad appena 10 km da Alba, il castello dei Roero di Monticello, che appartiene, da oltre 700 anni, alla famiglia che dà il nome alle terre circostanti. Il maniero appare solenne su una rocca, ma la visita sarà davvero sorprendente, passeggiando nel suo giardino romantico e ammirando poi i saloni barocchi.

Il tour proseguirà quindi a Pollenzo, antico insediamento romano dove, negli anni ‘30 dell’800, re Carlo Alberto creò un’impresa agricola modello. Non è un caso, quindi, se oggi il borgo ospita l’Università delle Scienze Gastronomiche e la Banca del Vino, custode della memoria storica del vino italiano, con oltre 100.000 bottiglie.

Il nostro itinerario, dove il gusto si intreccia con la storia, continuerà a Bra; attraversando il centro, scenografico e maestoso, giungeremo all’osteria dove, nel 1986, Carlo Petrini fondò, con un gruppo di amici, “Slow Food”. Negli anni in cui erano di moda i “fast food”, questi temerari misero in discussione la frenesia contemporanea, difendendo l’agricoltura tradizionale ed il cibo italiano; guardato inizialmente con sufficienza, e poi con sospetto, Slow Food ha creato una nuova coscienza planetaria, tutelando la biodiversità e cercando delle risposte alla crisi ambientale.

“Terra Madre” e “Cheese” sono due appuntamenti importantissimi non solo per i i golosi, ma soprattutto per gli agricoltori, pescatori e allevatori di tutte le latitudini. E quest’anno, causa Covid, il Salone del Gusto si è già reinventato: dall’8 ottobre, anziché durare i classici 5 giorni durerà sei mesi, proponendo migliaia di iniziative in 16 paesi del mondo, coinvolgendo il pubblico in eventi digitali, fisici e diffusi!

Il terzo giorno, da Alba, percorreremo 75 km pernottando nei dintorni del castello di Mango, tra le colline vitate del Nebbiolo. Questo vitigno, che dà origine non solo all’omonimo vino, ma anche al nobile Barbaresco e al celebre Barolo, deve il nome alla sua vendemmia tardiva, quando ormai le nebbie avvolgono i suoi delicati colli.

Ci fermeremo a Barbaresco, salendo sulla sua torre medioevale. Qui visse Domizio Cavazza che, nella seconda metà dell’800- non aveva ancora 30 anni- riuscì a sconfiggere la filossera, salvando le viti europee dal tremendo insetto americano.

Proseguiremo verso Barolo, dominato dall’imponente residenza in cui vissero, negli stessi anni del Risorgimento, il marchese Tancredi Falletti e la moglie Juliette Colbert.

Il Barolo divenne il “Re dei vini ed il vino dei Re” grazie a loro: la nobildonna francese si rese conto che il vino locale era povero di struttura, nonostante le uve di ottima qualità. Fece selezionare nuovi lieviti e utilizzò l’affinamento in botti di rovere, alla moda borgognona, conquistando il palato dei sovrani e di tutta l’aristocrazia europea.

Il nostro itinerario continuerà al castello di Grinzane Cavour, dove Camillo Benso mosse i primi passi in politica divenendo sindaco del borgo e poi, guarda caso, ministro dell’agricoltura e infine primo ministro dell’Italia Unita.

Il quarto giorno ci spingeremo verso l’Alta Langa, al confine con la Liguria, dove i vigneti e i frutteti lasciano il posto ad alpeggi, noccioleti e boschi.

Murazzano è celebre per l’omonimo formaggio DOP; Bergolo, uno dei più piccoli comuni d’Italia, è noto per le sue costruzioni in pietra e, dalla vetta di Mombarcaro (896 m, la più alta dell’area), c’è un panorama eccezionale. Siamo sull’antica “Via del Sale” dove il formaggio ed il vino prodotti in zona venivano scambiati con l’olio e le acciughe del Mar Ligure: bisognerà quindi gustare la “Bagna Càoda”, che è piatto tipico del Piemonte, ma fatto grazie agli ingredienti della Liguria.

D’altronde questa è stata, da sempre, terra di scambi…ed anzi, ce ne renderemo davvero conto il quinto giorno quando, in 60 km, arriveremo a Saluzzo.

Per tutto il Medio Evo e sino al’500, la capitale dell’antico marchesato si districò tra le mire espansionistiche dei Savoia e dei Francesi; alla fine del XV secolo, per ampliare i commerci, Ludovico II Del Vasto ordinò la realizzazione del “Buco di Viso”, una galleria di 75 m, interamente scavata nella roccia, in grado di collegare la sua capitale alla Francia.

La città è ancora tardogotica e rinascimentale, fatta di vie tortuose e scalinate che portano a piccoli belvederi. L’atmosfera transalpina è palpabile ovunque ma spesso si intreccia ad influenze tipicamente padane: Casa Cavassa custodisce opere d’arte fiamminghe e affreschi di gusto ferrarese; San Giovanni nasconde, dietro una facciata disadorna, una magnifica abside tardogotica di stile francese…e ancora gotica è la cattedrale dedicata all’Assunta, immensa chiesa fuori dalle cinta muraria, rimaneggiata in età barocca. Chi cercasse, invece, memorie risorgimentali, non potrà perdere la casa di Silvio Pellico, l’autore de “Le mie prigioni”.

Il sesto giorno percorreremo appena 20 km per visitare l’antica roccaforte del territorio, Revello. La cappella marchionale, affrescata probabilmente dal “girovago” Hans Clemer, merita una sosta per vedere i ritratti di Ludovico II, insieme ai familiari ed ai santi protettori. Una piacevole pausa sarà il giardino del Bramafam di Paolo Pejrone, l’architetto paesaggista che ha lavorato anche per la Regina Elisabetta. Ed infine, prima di tornare nel nostro agriturismo, ci fermeremo all’abbazia di Staffarda che, con oltre otto secoli di storia, ci accoglierà tra spazi essenziali e simboli misteriosi che risalgono ai Templari. I pilastri sono tutti differenti e posti a distanze diverse, così come discordi sono le tre absidi: eppure, in questa voluta asimmetria, regna un equilibrio il cui segreto ancora non è stato svelato. Questo è uno dei siti più straordinari, e forse meno visitati del Piemonte: in appena cento anni i Cistercensi trasformarono i territori infetti della piana del Po in un vero miracolo economico, facendo presagire la vocazione agricola di tutta la regione.

L’ultimo giorno il nostro sguardo coglierà ancora le seduzioni d’Oltralpe al Castello della Manta, ammirando gli affreschi che raffigurano 18 personaggi, Prodi ed Eroine, secondo i più squisiti canoni del Gotico Internazionale. Infine, ad appena 30 km, giungeremo al Castello di Racconigi; tra ambienti barocchi e poi neoclassici, conosceremo meglio la personalità di Carlo Alberto, il sovrano che, ancora prima di unire l’Italia politicamente, chiamò nei suoi palazzi i migliori artisti provenienti dalle diverse scuole della penisola, nel tentativo di creare un’arte autenticamente italiana.

Si guardava finalmente a Bologna, a Venezia, a Firenze e a Roma, abbandonando la fascinazione per il Nord Europa.

Eugenio Buffa di Perrero