“Il Veneto ha tutto”, si sente spesso dire, ed è vero: è un piccolo universo fatto di montagne, fiumi che solcano una pianura che si dipana sino al mare e città di incommensurabile valore; ma è anche vero che “il tempo è tiranno” e, in una sola settimana, è meglio concentrarsi su una piccola parte di questa meravigliosa regione.

Decidiamo, dunque, di partire da Padova per un itinerario dedicato ai borghi merlati dell’Alto Veneto, tra la Piana del Brenta e la Marca Trevigiana, alla ricerca di ciò che rimane degli antichi panorami immortalati da tanti artisti. E’ un paesaggio che, almeno in parte, è sopravvissuto al “miracolo economico del Nord Est”, fatto di inevitabili capannoni e strade trafficate.

I segni antichi della campagna veneta sono due: i villaggi medievali, testimonianze del territorio non ancora soggetto alla Serenissima Repubblica di Venezia, e le ville meravigliose che segnalano, al contrario, il predominio di Venezia sulla terraferma tra il XV ed il XVIII secolo.

Iniziamo dunque da Padova, a cui dedicheremo almeno due giorni, essendo una tappa imprescindibile dell’arte occidentale: bastano i nomi di Giotto, Donatello, Mantegna e Tiziano per offuscare ogni altro artista.

La Cappella degli Scrovegni, affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto per “redimere” i peccati dei ricchissimi committenti, è universalmente conosciuta per aver superato la tradizione bizantina, ormai sterile, inaugurando volumi e plasticità assolutamente innovativi.

Nel 1443 Donatello giunse a Padova rimanendovi sino al 1453 e realizzando tre capolavori in un materiale nobilissimo che, per mille anni, era stato dimenticato: il bronzo. Poi, tra il 1448 e il 1457, Mantegna affrescò la Cappella Ovetari, riferimento di tutto il Rinascimento dell’Italia Settentrionale. E verso il 1510, alla Scuola del Santo, Tiziano realizzò  il suo primo lavoro autonomo diventando, poco dopo, l’artista che elevò  la “pittura veneta”, fatta di toni e luce, a modello a cui guardò l’intera Europa.

A questi grandi nomi se ne affiancano poi tanti altri: Giusto de’ Menabuoi che, a fine del ‘300, nel Battistero, rappresentò tutta la Bibbia in un caleidoscopio di cento immagini; e ancora, i raffinatissimi affreschi di Alticherio all’Oratorio di S. Giorgio o le storie di Guariento alla Cappella della Reggia Carrarese: tanti luoghi che fanno, di Padova, l’”Urbs Picta”.

Ma, non solo “città dipinta”: Padova è anche la “città studio”. Nel 1222, qui si rifugiarono quegli studenti bolognesi che, fuggendo dal controllo papale, fondarono l’università che poi, nei secoli successivi, con Galileo, diede vita alla Rivoluzione Scientifica e nel cortile di Palazzo Bo si trova la statua di Elena Cornaro Piscopia, la prima donna laureata al mondo (1678).

Il terzo giorno, dunque, lasceremo Padova e percorreremo 95 km, trascorrendo due notti ad Asolo, protetta da una rocca austera.

La prima sosta sarà a Piazzola sul Brenta, per la spettacolare Villa Contarini; la seconda sosta sarà a Cittadella, con la sorprendente cerchia di mura, e poi ci dirigeremo a Castelfranco dove, nel 1478, nacque il “Giorgione”, l’enigmatico autore de “La Tempesta”. L’opera, oggi a Venezia, è indicata dagli studiosi per ribattere a chi reputa che sia stata la pittura nordica a eleggere, per prima, la natura come soggetto dell’opera d’arte.

Tante sono state le interpretazioni date ai personaggi raffigurati,  immersi in una rigogliosa vegetazione e, forse, mai ne conosceremo i significati nascosti. Noi ci accontentiamo di andare alla ricerca di quei fiumi, di quei boschi e colline che sono i veri protagonisti delle sue opere e che, ancora oggi, sopravvivono tra gli scempi delle architetture degli ultimi anni. Il colle di Giano e le torri di Conegliano ricordano, per esempio,  i paesaggi de “La prova di Mosè” agli Uffizi; le radure del colle di San Paolo, a Ceneda di Vittorio Veneto, si ritrovano nella “Madonna col Bambino,” custodita all’Ermitage…e si potrebbero ancora citare tante altri fortunate combinazioni, scoperte nel 2009 dal fotografo Aldo Pavan che, per “Bell’Italia”, girò  il Veneto “con lo sguardo di Giorgione”.

Tappa imprescindibile a Castelfranco è il duomo, per ammirare la pala raffigurante la Madonna tra S. Francesco e  S. Nicasio: la Vergine domina la scena, vestita da colori preziosi e intensi, dietro l’orizzonte azzurro del Grappa.  Castelfranco, a fine ‘400, perse il suo ruolo militare e divenne il centro di  filande e tintorie, intrecciando stretti rapporti con le più raffinate corti del tempo; tra queste, c’era quella di Caterina Cornaro, regina di Cipro che, nel 1489, abdicò cedendo il suo regno a Venezia e ottenendo in cambio la terra di Asolo, dove pernotteremo.

Prima di dirigerci ad Asolo, tuttavia, faremo ancora due soste. La prima, per un aperitivo con  Asiago DOP, accompagnato da un Prosecco, uno spritz o un “mexo e mexo” (mezzo di rabarbaro, mezzo di rosso e una spruzzata di seltz) e la seconda a Maser, per Villa Barbaro. La residenza, opera di Palladio, custodisce affreschi di Veronese. Visitando questo palazzo si capiscono i motivi per cui lo stile palladiano conquistò il pianeta (avete mai fatto caso allo stile della Casa Bianca e del Congresso?); pur rispettando  gli ordini classici, Palladio interpretò l’arte antica in maniera nuova, adattando l’architettura alle diverse esigenze quotidiane, combinando solennità e leggerezza  e…facendo anche risparmiare un po’ di soldi ai nobili committenti, grazie all’uso di materiali poveri, come la pietra bianca di Vicenza, chiara e tenera.

Continuando il nostro tour dedicato ai grandi artisti, il quinto quinto giorno percorreremo 65 km sino a Follina, dove rimarremo due notti.

La prima tappa sarà a Possagno per visitare la casa di Antonio Canova, con la gipsoteca.

Non tutti sanno che fu proprio lo scultore, che aveva ritratto la sorella di Napoleone come “Venere Vincitrice”, a presentarsi, dopo il tramonto di Bonaparte, alle porte del Louvre per ricuperare molti tesori italiani sottratti negli anni precedenti dai Francesi. E’ merito suo, insomma, se tante opere oggi sono ancora custodite in Italia: un omaggio è d’obbligo!

Il nostro tour proseguirà poi lungo i rilievi che si inseguono a perdita d’occhio, attraverso la “Strada del Prosecco”, erede delle prima strada del vino italiana istituita nel 1966.

A Follina, prima di cena, visiteremo l’Abbazia di Santa Maria, fondata nel XII secolo.

Il sesto giorno percorreremo 50 km per visitare Conegliano, con il castello trasformato in museo civico ed il duomo, che conserva la pala d’altare realizzata dal suo illustre cittadino, “Cima” che nacque qui nel 1460.

Nel 2017 la cittadina ospitò una mostra intitolata “Bellini e i Belliniani” dedicata proprio a quegli artisti che inaugurarono la “pittura moderna”, dando vita a un modello che durò sino agli  Impressionisti; un modello fatto di velature sovrapposte, di toni e atmosfere,  che superò  il modello matematico e razionale della pittura toscana. La pittura veneta riuscì a fondere il mondo umano con quello della natura e, oggi come allora, questi borghi dialogano con il paesaggio circostante; forse è anche per questo che l’Unesco, nel 2019, ha riconosciuto queste colline come “Patrimonio dell’Umanità”.

Ma non divaghiamo troppo: abbiamo ancora un giorno e, a pochi chilometri da Follina, si trova S. Pietro di Feletto dove,  tra boschi di robinie e castagni, si trova una pieve di epoca longobarda. Giungeremo infine a Vittorio Veneto, per scoprire l’insolita a cittadina composta, in realtà da due nuclei, Ceneda e Serravalle, con palazzi gotici e rinascimentali.

Il  “tempo è tiranno” per davvero: Treviso è ad appena a 42 km e la tentazione di arrivare sino lì è grande.  Ma, se dovessimo tornare indietro, Vicenza, con i suoi 23 monumenti palladiani e le 3 ville fuori dalla cinta muraria, è a solo 50 km da Padova…

Eugenio Buffa di Perrero