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Ultima passeggiata dell’estate

L’uomo ha sempre cercato una relazione tra l’immensità del cosmo e il suo mondo. Nel firmamento disegnò dodici costellazioni per osservare il transito di pianeti potenti ed enigmatici. Il mistero maggiore era rappresentato dalle comete: astri fallaci nati all’improvviso, per Aristotele, di cui nessuno sapeva nulla; e poiché si teme ciò che non si conosce, queste furono associate a sventure.Nel 1609, a Padova, Galileo Galilei prese un tubo con due lenti all’estremità; guardò il cielo e scoprì che l’universo raccontato dagli Antichi era una menzogna. I suoi manoscritti giunsero anche alla corte sabauda, ma la sua voce rimase inascoltata.Si continuò a guardare il cielo con timore: nel 1618 Orazio Grassi, gesuita, vide tre comete e scoppiò la Guerra dei Trent’anni; nel 1630 una nuova cometa, prevista nel 1623 dallo “Specchio degli Almanacchi perfetti”, edito nella nostra città, attraversò il cielo e molti sapienti videro in quella scia luminosa una catastrofe, visto che poi scoppiò la peste.Di quei giorni terribili, a Torino, rimangono due testimonianze: una cappella votiva in Via Cardinal Massaia, all’angolo con Piazza Bonghi, e una lapide in Via Bellezia 4, in ricordo del sindaco che lottò contro questo flagello.

Giovanni Francesco Bellezia si laureò in legge nel 1622, ad appena vent’anni.

Tre anni dopo fu nominato decurione e, nel 1629, alle prime avvisaglie dell’epidemia, fu eletto sovrintendente alla sanità. La città era popolata da spettri. I dotti, con il loro “latinorum” disquisivano sulle 5 F responsabili della pestilenza: Fames, Fatiga, Fructus cum Foemina e Flatus (!). Amuleti, erbe balsamiche e calcoli astrologici avrebbero fermato il morbo.

Tra i rimedi, si cercarono altre F: il Fuoco e la Forca, soprattutto. Per chi poteva, la Fuga, mentre, per tutti gli altri, il “barreggiamento”, ossia la quarantena.

Rimasero i Cappuccini. Bellezia abbandonò il lazzareto al di là di Porta Palazzo, nell’umidità della Dora, e ne fondò uno a est. Contagiato, dalle sue stanze, dispose la vigilanza alle porte della città, chiuse le case infette e distribuì medicinali. Attraverso una piccola finestra riceveva il cibo dai pochi rimasti, tra cui Gianfrancesco Fiocchetto, autore del “Trattato sulla peste e mortifero contagio”. I superstiti pregavano San Grato e San Rocco.

Forse fu tutto questo, o forse bastò un acquazzone, eppure un giorno il malefico effetto della cometa svanì. Bellezia fu anche l’ambasciatore sabaudo per i trattati di Westfalia, che conclusero la Guerra dei Trent’anni. Morì nel 1672, in una città che, finalmente, stava per divenire una vera capitale, in grado di rivaleggiare con le altre corti europee.

Il 3 e 4 gennaio 2020, anno bisestile, uno sciame di meteore, le Quadrantidi, ha solcato il nostro cielo. Per fortuna, nei dibattiti odierni, nessuno si è messo a disquisire sulle loro nocive influenze.

Non è “andato tutto bene”, ma anche noi abbiamo riscoperto che la scienza è fondata su dubbi e tentativi. Anche noi ci siamo affidati a tanti luminari e a riti apotropaici.

Non abbiamo ancora il rimedio ma, forse, un’altra F, quella di Fides ci farà guardare il periodo che stiamo vivendo con un po’ più di serenità.

Dopo la Peste Nera, iniziò il Rinascimento; dopo la peste del 1630, ci fu il Rococò; dopo la Prima Guerra Mondiale, gli Anni Ruggenti e, dopo gli Anni di Piombo, i Favolosi Anni ‘80.

Con Fiducia, al futuro.

eugenio buffa di perrero

Ultima passeggiata  dell’estate

emanuele

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