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Ragusa e la Val di Noto: barocco e non solo!

Al centro del Mediterraneo, la Sicilia punta a tre continenti racchiudendo in sé i più fulgidi tesori delle civiltà che l’hanno attraversata. Forse non è sufficiente un’intera vita per comprendere l’enorme ricchezza di quest’isola che, nel suo viaggio in Italia, Goethe definì “la chiave di tutto”.Noi, che siamo più prosaici, ci accontentiamo di assaporarne appena una parte in un tour che, come consuetudine, durerà una settimana, tra Ragusa e la Val Noto.Il nostro viaggio in Sicilia Orientale parte da Ragusa Ibla, nel regno ammaliatore del barocco siciliano, nato dal terremoto del 1693. Ma sarebbe scontato suggerire un tour del barocco: ovunque andremo, infatti, saremo costretti ad ammirare questa frenesia di putti paffuti, di fiori e cornucopie scolpite, vera incarnazione dello spirito siciliano, per cui la linea più breve tra due punti rimane l’arabesco. Qui, all’inizio del XVIII secolo, i “lapidum incisores”, gli abili intagliatori di pietra, crearono magnifiche scenografie che riescono, ancora oggi, a sorprenderci. E proprio la necessità di una rapida ricostruzione diede a questi decori una funzione fondamentale: fare in modo che lo sguardo potesse abbracciare l’insieme delle nuove città nascondendo quelle imperfezioni costruttive inevitabili, perché realizzate troppo in fretta.

E quindi, dopo aver camminato tra piazze principesche e chiese rubate al teatro, ci perderemo tra luoghi forse meno conosciuti, ma non per questo meno interessanti. Gli scavi archeologici di Ibla sono una sosta irrinunciabile che non tutti i visitatori fanno, così come i suoi giardini, con palme piantate a metà dell’800. I più curiosi incontreranno anche un “maestro di carretto siciliano”, che vive proprio qui, rivelando i segreti di questo coloratissimo mezzo di trasporto.

Il giorno successivo ci dirigeremo verso Scicli, con la chiesa di San Bartolomeo definita da Pasolini “una perla dentro le valve di una conchiglia”, e poi andremo a Modica, in un laboratorio dove nasce il famoso cioccolato caratterizzato dalla lavorazione, a freddo, della pasta amara di cacao con lo zucchero. Non tutti lo sanno, ma questa cittadina è anche conosciuta per le “scacce murricane”, focacce che, si dice, abbiano sbaragliato persino la concorrenza dei fast-food.

Il terzo giorno percorreremo 75 km e, da paesaggi di carrubi e muretti a secco, arriveremo a Palazzolo Acreide, dove dormiremo tra macchie di lecci e querceti.

Visto che nei giorni precedenti abbiamo pagato il nostro tributo al barocco, questa volta ci fermeremo in un frantoio per assaggiare l’olio extravergine dei Monti Iblei, in una villa utilizzata per tanti set cinematografici (tra cui anche l’immancabile “Commissiario Montalbano”) ed infine al borgo di Chiaramonte Gulfi, dal panorama fatto di montagne, cielo e mare.

Ma il luogo più straordinario, ad appena 30 km da P. Acreide, è la necropoli di Pantalica: tra gole rocciose che digradano verso i fiumi Anapo e Calcinara si trovano più di 5000 tombe risalenti all’Età del Bronzo e del Ferro, oltre ai resti di villaggi bizantini e ad antiche chiese rupestri.

Il quarto giorno visiteremo Akrai, l’antica colonia siracusana, scoperta dal barone Gabriele Judica, che si ridusse sul lastrico per condurre gli scavi e restaurarne il teatro. Nel pomeriggio avremo tempo per visitare finalmente Palazzolo Acreide, dove il brio barocco si fonde con quello del Liberty. E, proprio davanti alla facciata floreale del municipio, entreremo nella Chiesa di San Sebastiano, rivale della Chiesa di San Paolo, nel quartiere medioevale. Palazzolo, infatti, è da sempre curiosamente contesa tra “Sampaulari” e “Sammastianiari”, devoti dei due santi che, il 29 giugno ed il 10 agosto, si “sfidano” in due processioni: più grandiosa quella di San Paolo, “masculo” e armato di spada, e più sommessa quella di San Sebastiano, “pupu” di pezza che sfila solo nel quartiere omonimo.

Gli ultimi tre giorni saranno dedicati alla Val di Noto, indiscussa capitale del barocco. Il terzo fine settimana di maggio, questa città, già sfarzosa, si veste di garofani e gerbere, di margherite e bocche di leone, dando vita alla processione della famosa “Infiorata”.

Ma c’è tanto altro da visitare: Villa del Tellaro, con mosaici romani scoperti solo nel 1971, all’interno di una masseria settecentesca; e poi Marzamemi dove la piazza, di giorno, appare accecante e irregolare, simile a un set di Sergio Leone, per poi popolarsi, all’imbrunire, di tavolini e avventori. I più sportivi si spingeranno sino all’oasi di Vendicari, appena più a nord della costa ionica dove, tra stagni, dune e boschetti, si trova un’antica tonnara.

A Pachino, con la piazza enorme rispetto al paese, gusteremo il famosissimo pomodoro IGP, oggi tutelato anche grazie alla tecnologia blockchain, che permette di tracciare tutto il processo produttivo, dal raccolto fino all’immissione nel mercato, in modo da avere maggiori tutele di ciò che si porta in tavola.

E infine, l’ultimo giorno, percorreremo ancora una ventina di chilometri, tra i mandorli dei monti iblensi e litorali di sabbie fini, arrivando ad Avola, per un bicchiere dell’omonimo vino, il re dei vitigni a bacca rossa della Sicilia.

Brinderemo a questa isola e a tutto ciò che ancora dobbiamo vedere per avere “la chiave di tutto”. (…Siracusa si trova ad appena 22 km e meriterebbe un altro viaggio!)

eugenio buffa di perrero

Ragusa e la Val di Noto: barocco e non solo!

emanuele

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